Ogni sospettato, ogni imputato, ogni criminale condannato ha un suo lato oscuro. A volte si riesce a comprenderlo, grazie alle perizie e agli studi degli esperti. Spesso rimane inespresso, introvato.
Anche i detective hanno un lato oscuro. C’è qualcosa di inafferrabile, di nascosto, di imponderabile nella loro personalità. Basti pensare a Maigret, a Poirot; ma anche a Nero Wolfe, piuttosto che a Colombo, per citare alcuni investigatori noti alle folle di appassionati del mondo crime.
Perché è importante quel lato oscuro? Perché rappresenta la zona opaca, l’ombra nascosta, la cantina umida di chi ci dovrebbe assicurare il raggiungimento – oltre ogni ragionevole dubbio – della verità.
Purtroppo, nella realtà delle indagini di polizia che avvengono ai nostri giorni, si raggiunge – quando va bene – una verità giudiziaria. Difficile, in qualche caso, farla corrispondere alla verità storico-fattuale e alla verità scientifica.
Non fa eccezione il caso di Milena Sutter (Genova, 1971), a cui è dedicato il magazine “Il Biondino della Spider Rossa”. Anche qui il detective che guidò le indagini, Angelo Costa, soprannominato “il Maigret di Genova”, capo della Squadra Mobile, aveva un suo lato poco illuminato dalle cronache.
Quel lato oscuro di Angelo Costa era il suo braccio destro, Arrigo Molinari, il suo vice. Molinari era quello che usciva sul campo, a controllare dati, fatti, elementi; e ad ascoltare testimoni. Arrigo Molinari, ucciso anni fa in un caso poco chiaro, risulta essere stato iscritto alla Loggia Massonica P2. Più oscuro di così…
Quello di Yara Gambirasio, 13 anni, è tra i casi di cronaca nera italiani più sconvolgenti degli ultimi anni. Nel novembre 2010 la giovane ginnasta scompare da Brembate di Sopra (BG) nel tragitto tra la sua abitazione e la palestra. Dopo tre mesi il triste epilogo: il corpo della vittima viene ritrovato, ricoperto di tagli, in un campo vicino alla zona industriale di Chignolo d'Isola.
È l'inizio di una caccia al colpevole che, secondo l'accusa, avrà il volto di Massimo Giuseppe Bossetti. Figura di spicco al centro di questa complessa indagine è il Pubblico Ministero, Letizia Ruggeri. La donna diventa quella che oggi potremmo definire "l'Eroina" di un racconto moderno di cronaca nera.
Nella serie televisiva della BBC, Letizia Ruggeri è la protagonista che ricostruisce la vicenda del caso più importante della sua vita. Il racconto, definito PM-centrico, utilizza lo Storytelling per fare chiarezza sui fatti. Letizia Ruggeri diventa un personaggio all'interno della narrazione, le cui azioni e parole non fanno altro che evidenziare aspetti caratteriali e privati che poco o nulla hanno a che fare con la morte della giovane Gambirasio.
Una detective moderna che va in moto, pratica karate, con un passato da sciatrice e da cantante in un gruppo punk. Questo il ritratto della donna che traspare dalla visione del documentario della BBC. A perfezionare il racconto arriva anche un altro elemento che per Letizia Ruggeri, l'Eroina per l'appunto, è fondamentale: l'elisir, che durante il viaggio della moderna detective è rappresentato dalla traccia del DNA ritrovata sugli indumenti della vittima. La sfida della Ruggeri è dare un volto a Ignoto 1.
La figlia di un noto pittore ucciso chiede aiuto a Hercule Poirot, il noto investigatore belga creato da Agatha Christie, per trovare la verità, 16 anni dopo che sua madre, e moglie del pittore, è stata condannata per l’omicidio. E’ il romanzo “Dieci piccoli indiani”, ancora un bestseller.
La madre è oramai defunta ma ha lasciato una lettera da dare alla figlia quando questa sarebbe diventata maggiorenne.
Nella lettera, la donna condannata al carcere per l’omicidio del marito si proclama innocente.
La ricostruzione di una vita tumultuosa, tra il lusso sfrenato e la miseria di una cella, dall’essere un padrino a cui baciare la mano fino a diventare uno sconosciuto dall’altra parte del Mondo.
Questo è il film Il Traditore, cronaca drammatica dell’esistenza di Tommaso Buscetta, mafioso e a seguire collaboratore di giustizia. Il primo pentito della storia.
La pellicola del 2019 è diretta da Marco Bellocchio, uno dei registi italiani più apprezzati all’estero e vincitore della Palma d’oro onoraria al Festival di Cannes. Protagonista l’intenso Pierfrancesco Favino.
Tokyo Express, il romanzo dello scrittore nipponico Matsumoto Seichō, coinvolge il lettore tra le sue pagine grazie alla sua ambientazione: il Giappone degli anni ’50. La scoperta di quello che appare come un doppio suicidio, porta due diversi investigatori ad indagare a fondo sugli ultimi giorni di vita dei due giovani.
I corpi di un uomo e una donna, provenienti da diverse estrazioni sociali, vengono rinvenuti adagiati su una spiaggia, lontani da casa. Le vittime, secondo le testimonianze dei rispettivi conoscenti, non avevano nessun tipo di legame. Un suicidio d’amore, viene definito. Ma se così non fosse?
Crimini e criminali (o sospetti tali) fanno notizia. Interessano le persone, che consumano in modo avido informazioni, film, serie televisive e romanzi sugli eventi di cronaca nera. E su quelli di cronaca giudiziaria.
Possiamo affermare che ciò che i cittadini sanno della criminalità, dei reati, della giustizia e di tutto l’impianto giudiziario passa per la quasi totalità dai media.
Come insegnano gli studiosi dei mass media, con la teoria della dipendenza cognitiva, più siamo lontani da un certo fatto, evento, problema, tema o persona e più dipendiamo dai media per essere informati.
La stampa italiana, a cominciare da un dispaccio Ansa da Genova, ha saputo dare il peggio di sé stessa in occasione della morte di Lorenzo Bozano, il 30 giugno 2021, per un malore all’Isola d’Elba dov’era in libertà condizionale.
Bozano è passato alla Storia giudiziaria d’Italia come il rapitore e omicida di Milena Sutter, 13 anni, il 6 maggio 1971, a Genova. Per esservi un rapitore, però, occorre un sequestro. E per esservi un omicidio, occorre che una vittima sia stata davvero uccisa in modo volontario.
Linea Gialla - Milena Sutter: intervista esclusiva a Lorenzo Bozano
Il libro "Il Biondino della Spider Rossa",
in ebook o in versione su carta
Scritto dalla criminologa Laura Baccaro e dal giornalista e studioso Maurizio Corte sul (presunto) rapimento e omicidio
di Milena Sutter (Genova, maggio 1971).
IL BIONDINO DELLA SPIDER ROSSA
Amo Nero Wolfe, quell’antipatico raffinato e pachidermico investigatore, adoro la serra con le orchidee, la sua poltrona, il suo non voler uscire nelle strade caotiche di New York. Amo il suo pensare e la sua logica.
Mi rilassa e diverte leggere Rex Stout e mi lascio trasportare dal “suo detective”, nato nel 1934. Una figura che ha contribuito a creare il mito del detective così come poi in tempi più recenti Fbi, Quantico e le serie tv. Ma dal punto di vista criminologico esiste questo detective? Ha ancora senso questa modalità d’indagare sul crimine?
Intanto ad oggi non è sufficiente intuito, intelligenza analitica, magari una pipa per diventare detective. Si può avere la propria licenza per lavorare come investigatore. Ma serve un percorso formativo rigoroso in ambiti ben specifici vista la complessità delle analisi e delle indagini richieste. Servono specifiche competenze tecniche e scientifiche quindi aggiornate oltre al sapere tecnico delle investigazioni “tradizionali”.
La figura del detective solitario attrae la fantasia e l’immaginario, che rimanda a una figura mitica, quasi eroica, di un uomo che lotta contro il male o contro il bene.
Il fatto è che oggi di solito si lavora in équipe, dove ognuno mette le sue competenze per la ricerca e l’indagine, entro ruoli e compiti ben distinti. L’indagine è un processo con step e modalità operative rigorose e verificabili.
Certo che l’investigatore solitario ci piace, ma lo possiamo incontrare solo in un buon vecchio romanzo poliziesco.
Laura Baccaro
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